Che cos’è l’agricoltura biologica?

Chi era bambino negli anni 70-80 è cresciuto a pane e nutella e telefilm della “Casa nella prateria”. Vi ricordate la storia di quella deliziosa famiglia padre-madre-bambini perennemente abbronzati e con le guance rosse piene di salute che vivevano nel Far West? Ecco, è a immagini come quelle che la mente ricorre per farsi un’idea di cosa sia l’agricoltura biologica.

Ma nella realtà che cosa distingue questo tipo di produzione da quella cosiddetta convenzionale? Che cosa stabiliscono le leggi comunitarie e nazionali? A farne una sintesi è l’ultimo rapporto sulle coltivazioni e sugli allevamenti biologici pubblicato dall’Apat (Agenzia nazionale per la protezione ambientale) il 30 novembre 2004.

Ebbene, il rapporto spiega che l’agricoltura biologica privilegia le “tecniche colturali naturali” rispetto alle “tecniche che comportano l’uso di prodotti chimici di sintesi e l’impiego massiccio di mezzi tecnici”. Che cosa significa? Che chi coltiva in modo biologico deve privilegiare alcune strategie produttive rispetto ad altre.

In particolare: deve rispettare i cicli naturali che influiscono sulla produzione e riducono l’impatto sull’ambiente; deve dare priorità alle risorse rinnovabili (quindi, bisogna limitare il più possibile l’uso di materie prime extraziendali); salvaguardare l’ambiente nella sua complessità (principio che implica, per esempio, la cura delle siepi e dei boschetti che ospitano gli uccelli che si cibano degli insetti dannosi per le coltivazioni); preservare il terreno dai fenomeni di erosione, ristagno dell’acqua e smottamento; difendere le coltivazioni e tenere sotto controllo le erbe infestanti senza l’uso di prodotti chimici di sintesi, ma con tecniche agronomiche (rotazione delle colture) e il ricorso ai predatori naturali; scegliere le varietà di piante più adatte all’ambiente, più resistenti alle malattie e ai parassiti.

Inoltre, alla concimazione si deve provvedere con il letame o con altre sostanze organiche come i sovesci (incorporazioni nel terreno di piantine di trifoglio o senape). Naturalmente è escluso l’uso di organismi geneticamente modificati e di semi trattati con prodotti chimici. Per quanto riguarda invece gli animali, il punto fondamentale è che devono essere allevati nei pascoli. Inoltre, foraggi e mangimi devono provenire da agricoltura biologica, preferibilmente ottenuta dall’azienda stessa.

Quanto alle cure, il principio chiave è la prevenzione (dunque, razze autoctone, alimenti di alta qualità, regolare movimento fisico, numero massimo di animali per unità di superficie). L’uso di medicinali deve essere limitato a prodotti fitoterapici (come estratti vegetali), omeopatici, oligoelementi. Solo se l’uso di questi prodotti non risulta efficace, si può ricorrere agli antibiotici sotto la responsabilità del veterinario e comunicandolo all’ente certificatore. Infine, sono vietate le pratiche di taglio del becco, le bruciature dei tendini delle ali e ogni altra mutilazione, nonché mettere “occhiali” al pollame.

Ma come si fa a sapere se gli agricoltori biologici osservano tutte queste regole? La legislazione comunitaria e nazionale prevede che le aziende certificate bio debbano sottoporsi a tutta una serie di controlli e ispezioni da parte degli enti di certificazione. Niente del genere è previsto per le produzioni convenzionali.

Fonte: valori

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