Sapevate che produrre un chilo di riso richiede 3000 litri di acqua? Che per una semplice tazzina di caffè ne occorrono 140, per un litro di latte ne servono 1000 e per un chilo di mais 900?
Le pietanze che ogni giorno portiamo sulle nostre tavole contengono una elevatissima quantità di acqua, risorsa talmente preziosa da essere definita ‘oro blu’. Infatti, a dispetto dell’uso indiscriminato che ne facciamo ogni giorno noi occidentali, l’acqua è una risorsa sempre più rara: sulla Terra una persona su sei dispone di meno di 20 litri d’acqua dolce al giorno, quello che è indicato dall’Onu come fabbisogno minimo giornaliero pro capite per assicurare i bisogni primari legati all’alimentazione e alle condizioni igienico-sanitarie.
“Per una tonnellata di riso servono 2-3 mila litri d’acqua mentre per una di carne si arriva a 12-13mila – ha spiegato Stella Thomas, fondatrice ed executive director del Global Water Fund – inoltre in media il consumo di acqua mondiale raddoppia ogni 20 anni”.
La necessità di un regime alimentare piu’ ‘water friendly’ è emersa da un dibattito organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn) nel corso del quale è stata presentata la ‘piramide alimentare’ correlata all’impronta idrica degli alimenti, preparata dagli esperti del centro ricerche per consumi più sostenibili ma anche con migliori proprietà salutistiche e nutrizionali. La piramide alimentare, preparata dal centro ricerche, vede al vertice la carne e gli altri prodotti ‘idrovori’, e ai ‘piani bassi’ le verdure e la frutta insieme ai cereali.
Il consumo d’acqua virtuale giornaliero per alimentarsi varia da circa 1500-2600 litri nel caso di una dieta vegetariana a circa 4000-5400 litri per una dieta ricca di carne.
“La dieta mediterranea è importante da questo punto di vista – ha sottolineato Barbara Buchner, direttore del Climate Policy Initiative di Venezia e membro dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition – perchè coniuga ambiente e salute”.
Il contenuto d’acqua, o l’ “impronta idrica” di un prodotto, è costituito dal volume d’acqua dolce consumata direttamente o indirettamente per realizzarlo, calcolato sommando tutte le fasi della catena di produzione.
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