Responsabile un virus influenzale (A/H1N1) nato da un triplice
riassortimento aviario, suino e umano, che dal Messico si è diffuso in
quasi tutto il mondo. Inizialmente è stato chiamato “virus
dell’influenza suina” poiché pare che il riassortimento virale sia
avvenuto negli enormi allevamenti intensivi di maiali. Poi il virus ha
iniziato a trasmettersi tra gli esseri umani, viaggiando velocemente,
favorito dai voli aerei transcontinentali. Se altri microrganismi hanno
avuto bisogno di almeno sei mesi per diffondersi in tutto il mondo, la
nuova influenza si è propagata in poche settimane. Le immagini del
contagio rimbalzano su tutti i telegiornali, aumenta la paura, si
diffonde ancor più velocemente il panico, gli spettri delle pandemia
precedenti sono sempre evocati. Virus letali: in quanti film
catastrofisti sono i protagonisti indiscussi?
Si confondono, come sempre, trattando temi che riguardano la salute e
quindi la vita delle persone, affermazioni ed opinioni con dati
scientifici e risultati di ricerche cliniche.
Sono ancora molte le domande aperte su questo nuovo virus influenzale,
sulla sua origine (perché è iniziato in Messico?), sulla sua evoluzione
(ci sono microrganismi associati che circolano contemporaneamente?
quali sono i gruppi di età più colpiti?), sulla nostra capacità di
affrontarlo (cosa c'è di insolito in questa epidemia?) e soprattutto di
chiederci, onestamente, quanto hanno influito sulla sua comparsa
elementi incontrollabili e quanto condizioni create dall’uomo.
Maiali che vivono e vengono macellati in allevamenti intensivi sono
soggetti ad una serie di malattie che rendono indispensabile l'uso
massivo di farmaci ed antibiotici, con grave danno del loro (e di
conseguenza del nostro) sistema immunitario. “Siamo quel che mangiamo”,
ma siamo anche quel che mangia quello che mangiamo noi.
Altre ipotesi sull'origine e sulla diffusione della malattia parlano di
un errore umano verificatosi in laboratori di ricerca e di studio dei
virus. Questo è quanto sostiene Adrian Gibbs, virologo australiano, uno
dei “padri” dell’antivirale oseltamivir (farmaco anti-influenza più
noto con il nome Tamiflu), in una comunicazione inviata
all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e ai Centri statunitensi
per il controllo delle malattie (Cdc). Già nel 1977 un virus
influenzale del tipo H1N1 venne prodotto per errore in seguito alla
cattiva gestione di un laboratorio in Russia.
A queste domande giornali e televisioni non cercano risposte:
l'informazione, che è linfa vitale della democrazia, esalta così non il
racconto del fatto – cioè la sua origine, il suo sviluppo, l'accadere -
ma solo gli aspetti che più di altri colpiscono l'emotività: a grossi caratteri si parla di pandemia.
La definizione di pandemia, in realtà, non comporta un criterio di
gravità, anche se il termine evoca subito “la spagnola” con il suo
carico di morti. E' usato per segnalare un criterio di diffusione:
quando la diffusione di un virus è sostenuta e persistente in più
continenti. «Pandemico significa globale, ma non ha connotazioni di
gravità», ha puntualizzato il portavoce dell'Oms, Gregory Hartl, ma il
seme della paura germoglia. Il grande numero di decessi segnalati
inizialmente in Messico, è stato ridimensionato anche se la situazione
epidemiologica di quel territorio rimane poco nota. Il virus, è vero,
circola rapidamente, ma si presenta con sintomi lievi, come nelle
banali sindromi virali, con facile guarigione spontanea. Eppure ogni
giorno apprendiamo che qualche nuovo caso è segnalato in qualche città
o paese a noi vicino. Se questa accuratezza di diagnosi eziologica
(cioè l'identificazione precisa dei virus in tutte le patologie di
lieve entità) fosse estesa a tutte le malattie, la medicina moderna
farebbe enormi progressi.
L'indice di mortalità della “nuova influenza” è veramente basso: meno
dell' 1 per cento. Molto inferiore al tasso di decessi per l' influenza
stagionale, che varia tra il 5 e il 15 per cento. Durante le epidemie
influenzali, quando normalmente non ci si preoccupa di eseguire
diagnosi di laboratorio per identificare il virus, la morte per
influenza di un anziano o di una persona con patologia cronica (una
cardiopatia, una bronchite cronica, ad esempio) viene attribuita in
genere alle complicanze di queste patologie, e non all'influenza
stagionale. Cosa che non succede quando si formula la diagnosi di nuova
influenza: in questo caso, la responsabilità del decesso è generalmente
riferito al virus. Eppure, nonostante questo artificio statistico, la
malattia non risulta particolarmente aggressiva. Al contrario
dell'influenza aviaria, che avrebbe dimostrato un tasso di mortalità di
circa il 40 per cento, ma che, generalmente, non si trasmette da uomo a
uomo.
In realtà è verosimile che il numero dei casi reali della nuova
influenza sia fortemente sottostimato, dal momento che i sintomi sono
così aspecifici e a volte anche molto lievi. Ciò rende ancora più
difficile valutare la reale proporzione delle complicazioni e dei
decessi.
Tanta preoccupazione per una malattia molto contagiosa, ma estremamente
benigna. Questo virus H1N1 è caratterizzato da una particolare forma
della proteina di superficie, che si lega male ai recettori presenti
nel tratto respiratorio umano, secondo i ricercatori dei Centers for
Disease Control and Prevention (Cdc) Usa. "Il virus è capace di
legarsi ai recettori umani, ma chiaramente è limitato", ha affermato
Ram Sasisekharan, direttore della divisione Scienze della salute e
tecnologia del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Questo
legame limitato, debole, insieme a una piccola variazione genetica in
un enzima dell'H1N1, spiega perché il virus non si diffonde con la
stessa efficacia dell'influenza stagionale. I ricercatori hanno poi
scoperto una seconda mutazione che ostacola l'abilità dell'H1N1 di
trasmettersi rapidamente. In pratica, il nuovo ceppo del virus non
presenta la versione del gene PB2 cruciale per una rapida diffusione
nell'uomo.
Tanti governi – compreso il nostro - hanno annunciato la disponibilità
di scorte di antivirali ai quali il virus è risultato suscettibile
(Oseltemivir, Tamiflu e Zanamivir, Relenza) veicolando un messaggio
indiretto di protezione certa. Ma la suscettibilità riscontrata in
vitro è cosa diversa dall’efficacia clinica, non brillante neppure
verso l’influenza stagionale, che andrà verificata sul campo.
Basterebbe una singola mutazione per portare a un'inefficiente
interazione del microrganismo con l'oseltamivir (Tamiflu), il farmaco
usato per curare i pazienti,e potrebbero così emergere facilmente ceppi
resistenti al Tamiflu. Inoltre l' uso esteso e indiscriminato degli
antivirali potrebbe favorire l'insorgere di resistenze, come già
riscontrato. L'uso degli antivirali è stato esteso recentemente anche
ai bambini sotto l’anno di età e nelle donne gravide in base a una
valutazione teorica di maggior beneficio rispetto al rischio. Ma questo
andrebbe verificato, anche alla luce delle numerose e gravi reazioni
avverse segnalate in bambini giapponesi dopo la somministrazione del
farmaco. In un report del BPCA ( Best Pharmaceuticals for Children Act
) sono state riportati eventi neurologici e psichiatrici, come delirio,
allucinazioni, confusione, comportamento anormale, convulsioni ed
encefalite. In 12 pazienti pediatrici l’esito è stato fatale. E' vero
che in molti di questi casi, una relazione tra impiego di Tamiflu e
morte era difficile da valutare a causa dell’assunzione di altri
farmaci, della presenza di altre patologie e/o per la mancanza di
approfondite informazioni nella segnalazione, ma è certo che non è
prudente per tutti i bambini assumere questo farmaco (che va
somministrato entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi) senza
ulteriori dati di sicurezza, per una patologia che si risolve in genere
spontaneamente.
Intanto la corsa al vaccino è cominciata. Il ceppo «madre» del virus
della nuova influenza A/H1N1 è finalmente arrivato nei laboratori delle
aziende farmaceutiche: per settembre-ottobre saranno pronti sia il
vaccino antipandemico, sia il vaccino contro l' influenza stagionale.
Ma siamo proprio sicuri che sarà efficace?
L’assoluta novità del virus e il possibile utilizzo di nuove
tecnologie, fanno sì che la reale efficacia e sicurezza del vaccino si
potranno conoscere solo dopo l’introduzione su larga scala. Fino ad
allora è tutto un tirare ad indovinare. Eppure i vaccini godono ancora
di questo privilegio: sono considerati uno strumento salvifico, a
prescindere, prima della dimostrazione clinica.
Conviene allora ricordare che, per il vaccino contro l'influenza
stagionale, importanti studi scientifici hanno affermato che
“L’efficacia del vaccino nei bambini, così come negli anziani, è
risultata incerta, quando non addirittura assente”. Non c’è ragione di
vaccinare i bambini sani. Innanzitutto, perché non sappiamo se e quanto
funzioni la vaccinazione per l'influenza nel bambino, come è stato
confermato da uno studio pubblicato sugli Archives Of Pediatrics And
Adolescent sugli esiti della vaccinazione nei bambini con meno di 5
anni. E non bisogna scambiare per influenza le numerose patologie
virali che possono interessare i bambini durante l'autunno e l'inverno.
C'è molta confusione a proposito: i classici sintomi del raffreddore,
mal di gola e febbre che mettono a letto grandi e piccoli non sono
sempre riconducibili al virus dell'influenza ma, nella maggior parte
dei casi, ad altri virus e patogeni. Si parla in questi casi, di
sindrome simil influenzale. Si stima che siano positivi al virus
dell'influenza solo tre adulti su dieci e un bambino su dieci che
presentano i sintomi simili all'influenza. E sulle forme
simil-influenzali l'efficacia della vaccinazione è ovviamente zero.
E la sicurezza? Abbiamo la certezza che il rapporto rischio/beneficio sia favorevole?
Un'epidemia influenzale si verificò nel 1977 in un campo militare del
New Jersey causando 500 malati e la morte di un giovane soldato. Anche
allora si sostenne che l'epidemia che si stava verificando era dovuta a
un virus molto simile a quello della famigerata 'spagnola'. La paura di
un ritorno di quel flagello sfociò nell'annuncio del presidente Ford
che il Governo federale americano avrebbe stanziato 135 milioni di
dollari per la messa a punto di un vaccino con il quale l'intera
popolazione statunitense avrebbe potuto essere protetta. Ma l'alta
frequenza di reazioni avverse gravi alla vaccinazione, come la sindrome
di Guillain Barré , causò la sospensione del programma vaccinale, per
il timore dell'industria farmaceutica di pagare ingenti risarcimenti
per i danni provocati ai soggetti sottoposti alla vaccinazione.
L'ultima considerazione che leggiamo in questi giorni è legata alla
diminuzione della produttività se in tante, troppe persone saranno
messe a letto dalla nuova influenza. Io credo di svolgere un lavoro
utile (non mi considero indispensabile), che svolgo con passione. Ma
non per questo rinuncerò al diritto, se febbre e tosse avranno il
sopravvento, di stare cinque giorni a letto, in attesa della
guarigione. Per cercare di non ammalarmi terrò presenti quegli
interventi di provata efficacia nel prevenire la diffusione di tutte le
infezioni respiratorie, che, ahimè, non sono farmacologici, e, forse
per questo, non vengono mai ricordati.
Le misure igieniche che vanno caldamente consigliate sono:
- lavarsi spesso e accuratamente le mani con acqua e sapone;
- coprire la bocca e il naso quando si tossisce o si starnutisce (e dopo lavarsi le mani);
- evitare di toccarsi occhi, naso e bocca, facili vie di entrata del virus;
- chi sta male deve rimanere in casa, e non andare a scuola o al lavoro;
- evitare luoghi affollati dove ci sono casi di malattia.
L’uso della mascherina è risultato efficace negli ambienti di
assistenza sanitaria, mentre per altre circostanze l’efficacia non è
stata stabilita.
secondo il comunicato dell’Oms delle ore 9 del 6 luglio 2009 <http://www.who.int/csr/don/2009_07_06/en/index.html> sono più di 94 mila i casi di nuova influenza A/H1N1 registrati in tutto il mondo e 429 i decessi.