Le varietà tradizionali certificate Dop e Igp sono sempre più amate dai consumatori. Vere perle della gastronomia tricolore. Le quantità sono minime. Ma assicurano un ottimo prezzo a chi le produce. Anche grazie ai consorzi di tutela
Anche i ricchi mangiano fagioli. Non solo perché, causa la recessione economica, l’acquisto di carne bovina sta diventando una chimera per un numero sempre maggiore di famiglie, quanto perché, accanto al consumo dei legumi più diffusi, si vanno riscoprendo una serie di varietà regionali che hanno fatto la storia della gastrono mia tricolore prima ancora dell’Unità d’Italia. I numeri assoluti sono ancora minimi. Ma questo settore di nicchia sta facendo incetta di estimatori – in Italia e all’estero – e rappresenta al tempo stesso una garanzia di reddito per i (pochi) agricoltori che hanno scelto di coltivarle.
Da Nord a Sud, sono sei le varietà di fagioli italiane che possono ufficialmente fregiarsi dei marchi Dop (denominazione d’origine protetta) o IGP (Indicazione geografica protetta) assegnati dall’Unione europea. Ognuna di loro porta con sé secoli di tradizioni e qualità organolettiche particolari. Tutte sono accomunate da prezzi di vendita inimmaginabili nei mercati “mainstream”. Qualche esempio: il fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese, venduto a 12-15 euro al chilo. Oppure le due tipologie dei fagioli bianchi di Rotonda, acquistabili a 13-14 euro.
I quantitativi raccolti – pubblicati nell’annuale rapporto della Fondazione Qualivita, che si occupa da anni di promuovere a livello internazionale i prodotti Dop e Igp italiani – sono una piccola manciata di punti percentuali rispetto al totale della produzione italiana. Il fenomeno è comunque interessante: «I margini di guadagno per i produttori – spiega Domenico Cerbino, del Consorzio di tutela dei fagioli bianchi di Rotonda – ci sono e sono buoni. La certificazione contribuisce a dare un valore aggiunto quando si mette in vendita il prodotto». «Tutta la nostra produzione è venduta» conferma Tiziana Penco, presidente del Consorzio del Fagiolo di Lamon. «Anzi, la domanda è ormai superiore all’offerta. Il prezzo spuntato dai produttori rende sicuramente interessante investire in questo settore, anche se i costi di produzione sono spesso più elevati che nelle colture su più ampia scala».
La garanzia di tracciabilità è sicuramente un plusvalore che agevola la commercializzazione: «Chi cerca questo tipo di prodotti è di solito un consumatore estremamente attento alla qualità e all’origine di ciò che mangia», spiega Cerbino. In questo senso, cruciale è il ruolo dei consorzi di tutela: «Sono l’unico modo per garantire la qualità di ciò che si vende, perché redigono i rigorosi disciplinari di coltivazione, offrono formazione ai nuovi soci, permettono di dare visibilità al prodotto e fanno da riferimento nei rapporti con le istituzioni locali», conferma Penco.
Ma la situazione positiva non può ammettere distrazioni. Da fare, per ampliare il mercato, c’è molto: «La produzione è fortemente frammentata fra molti piccolissimi produttori. Dobbiamo fare un salto di qualità sotto l’aspetto commerciale, centralizzando l’offerta. Altrimenti non riusciremo a soddisfare le richieste più grandi e saremo destinati alla marginalità».
FAGIOLO DI CUNEO IGP
Venne introdotto nel Cuneese agli inizi dell’800 e ha trovato il suo habitat ideale nel fondovalle e nella fascia pianeggiante a ridosso delle catena alpina, garantendo buone rese produttive e un prodotto di ottima qualità. Questi fagioli rampicanti sono gli ultimi in ordine di tempo ad aver ricevuto il riconoscimento IGP (maggio 2011).
FAGIOLO DI LAMON IGP
Ventuno Comuni del Bellunese e tre Comunità montane: sono il perimetro entro il quale viene prodotto il fagiolo di Lamon. Quattro i tipi coltivati: lo “Spagnol”, ideale per le insalate; lo “Spagnolet”, molto usato in antipasti e contorni, per la sua buccia tenera ; il “Calonega”, il cui gusto ricorda quello delle castagne, ideale nelle minestre; il “Canalino”, particolarmente aromatico ma ormai in disuso per via della buccia molto spessa.
FAGIOLO DI SORANA IGP
Coltivato soprattutto nel comune di Pescia (PT), il fagiolo di Sorana, da alimento povero usato nelle comunità rurali, è oggi richiestissimo ed è molto apprezzato nei ristoranti più attenti alla valorizzazione dei prodotti del territorio. Tre le sue peculiarità: sapore delicato, consistenza tenera e buccia sottile. I fagioli si presentano di colore bianco panna, con riflessi perlacei, e forma piccola e appiattita. Ne esiste anche una varietà che vira al rosso, con forma più tondeggiante.
FAGIOLO CANNELLINO DI ATINA DOP
Il rapporto tra Atina e il fagiolo cannellino risale all’inizio del XIX secolo, quando già rappresentava un alimento centrale nella dieta della popolazione locale ed era considerato un regalo di pregio per occasioni speciali. La sua peculiarità: una estrema morbidezza, ottenuta grazie al clima e alla composizione dei terreni, che permette di cuocerlo senza doverlo prima mettere a bagno.
FAGIOLO DI SARCONI IGP
Il legame tra Sarconi (PZ) e questo prodotto è talmente radicato che i suoi abitanti sono ancora oggi chiamati “ciuoti” (fagioli). Forma ovale o tondeggiante, colore che varia dal giallo pallido al bianco con striature più scure. Per produrlo, sono usati solo ecotipi locali di cannellino e borlotto. I terreni di coltivazione sono freschi, profondi, fertili e collocati oltre i 600 metri d’altitudine. La semina avviene tra aprile e luglio. Per le cure sono ammessi solo trattamenti a base di rame. Il 30% della produzione è destinata all’export.
FAGIOLI BIANCHI DI ROTONDA DOP
Hanno ottenuto il marchio DOP nel 2011. I due “ecotipi” locali dei fagioli bianchi di Rotonda – il Fagiolo Bianco e il Tondino Bianco – sono coltivati nella Valle del Mercure (PZ). Caratterizzati da un elevato contenuto proteico della granella, i loro baccelli sono completamente bianchi, con semi di dimensioni maggiori e di forma tonda/ovale senza screziature. La bassa percentuale del tegumento rispetto al peso locale permette di ridurre notevolmente i tempi di cottura.
11/12/2012
Fagioli: da carne dei poveri a cibo da ricchi
Fonte: Valori (Rivista)

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