25/09/2013
Allevamenti di polli: troppi antibiotici e condizioni insalubri
L'uso massiccio di antibiotici negli allevamenti di animali sviluppa la resistenza da parte di alcuni batteri agli antibiotici, con il rischio che questi medicinali non abbiano più effetto neanche sugli uomini. È quanto ha dimostrato un test effettuato da Altroconsumo su 250 campioni di petti di pollo analizzati a livello europeo. È stata analizzata la presenza di batteri (famiglia Enterobatteriacea) più inclini di altri a sviluppare un meccanismo di resistenza agli antibiotici: trovati E. Coli resistenti nell’84% dei 45 campioni comprati in Italia, a Milano e a Roma.
Se gli animali vengono trattati con antibiotici, i batteri che vivono nel loro tratto gastrointestinale possono diventare resistenti al farmaco e contaminare il cibo e l’ambiente. Il problema è che questi microrganismi possono trasmettere il loro meccanismo di resistenza ad altri batteri presenti nel nostro organismo. Pertanto senza seri provvedimenti che ne limitino l’uso negli allevamenti, gli antibiotici potrebbero, tra una decina di anni, non riuscire a sconfiggere la maggior parte dei batteri, anche negli uomini.
I risultati del test dimostrano che il problema della resistenza agli antibiotici è molto diffuso ed è strettamente correlato al tema della sicurezza alimentare. È necessario migliorare il monitoraggio dell’uso di questi medicinali in ambito veterinario con sistemi di sorveglianza più severi e serve un sistema che lavori maggiormente sulla prevenzione delle malattie animali, per ridurre la necessità di usare gli antibiotici.
Eppure gli allevamenti continuano ad essere crudeli e insalubri. A invitare tutti ad una riflessione è Matthew Bershadker, presidente dell’American Society for the Prevention of cruelty to animals (ASPCA). Bershadker si sofferma sugli allevamenti intensivi di polli; nei soli Stati Uniti se ne macellano 9 milioni l’anno. La salute degli animali è calpestata e ciò mette a rischio anche la nostra salute.
Bershadker spiega che i polli oggi sono vengono selezionati per diventare molto grassi molto velocemente, con enormi difficoltà di movimento, spesso non riescono nemmeno a reggersi sulle zampe. Anche a poche settimane di vita sono così sproporzionati che spesso collassano. I polli in tal modo passano dalla nascita alla macellazione in 42 giorni, con un tasso di crescita tre volte più veloce rispetto a 60 anni fa. L’università dell’Arkansans ha sottolineato che se gli esseri umani crescessero in maniera analoga, un bambino di 3 chili alla nascita, ne peserebbe quasi 300 a due mesi. Il tasso innaturale di crescita stressa enormemente il cuore di questi animali, oltre ai polmoni e alle ossa.
Inoltre molti dei polli negli allevamenti trascorrono tutta la loro breve vita accasciati in mezzo ai loro escrementi, spesso con ferite aperte e infezioni. I polli allevati in questo modo possono rappresentare un pericolo per la nostra salute. Nel rapporto “Risky meat”, il Centre for Science in the Public Interest ha attestato come, tra il 1998 e il 2010, il pollame abbia provocato più epidemie e patologie che la carne rossa.
Bershadker lancia l'allarme anche sull'uso eccessivo di antibiotici: molti dei batteri che si trovano nei polli sono antibiotico-resistenti, conseguenza della pratica industriale di somministrare di routine antibiotici ai polli per “rimediare” agli squilibri immunitari causati dalle innaturali condizioni di allevamento.
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