Credo di interpretare il sentimento di tutti i medici omeopatici
italiani che, come me, sono stati allievi del prof Antonio Negro nel
sottolineare il riconoscimento e l’ammirazione profonda che abbiamo
sempre avuto per le sue straordinarie capacità professionali e per le
sue non comuni doti personali.
Lo abbiamo avuto per tanti anni ,ha vissuto per quasi 102 anni ed
ha visitato fino agli ultimi tempi. Eravamo abituati a considerarlo un
po’ “immortale”
ma così non è.
Alcuni di noi si sono avvicinati ai suoi corsi perché suoi
pazienti da sempre;alcuni perché disorientati da una medicina,quella
convenzionale,sempre più portatrice di effetti collaterali e attenta al
sintomo e non alla” sofferenza”;altri per curiosità scientifica.
Tutti ,però, siamo rimasti fortemente impressionati dal suo modo
di praticare l’arte medica con assoluto rigore scientifico e con
un’attitudine straordinaria a penetrare nel cuore e oltre dei malati e
di noi allievi.
Il professor Negro intuiva tutto e sapevamo che il suo non era
solo un sapiente e acuto “occhio clinico” ma una rapidissima e personale
elaborazione logica fra quello che osservava nel malato , quello che
riceveva da lui in risposte e la sua conoscenza .
Riusciva ad entrare in sintonia mirabile con chiunque perché
trattava con un’attenzione e una delicatezza particolare tutti i suoi
pazienti riuscendo ad entrare in sintonia mirabile con chiunque e
adeguandosi con naturalezza ad ogni interlocutore .
Quando nel 1979 accompagnai da lui una persona cara per una
grave malattia ero una studentessa al V anno di medicina e non conoscevo
l’Omeopatia.
La visita fu originale.Non avevo sentito mai domande così
minuziose e non avevo assistito mai ad una visita dove si considerassero
congiuntamente aspetti clinici classici ,diremmo oggi convenzionali,e
aspetti peculiari del paziente spesso indicatori della sua sofferenza
intima.
Mi venne una grande curiosità,volevo capire perché fossero
importanti i particolari che sui trattati di medicina non avevano
spazio.Ma quando la visita fu interrotta più volte da numerose
telefonate delle persone guarite che lo ringraziavano per aver risolto
questa o quella malattia, non potei fare a meno di
chiedergli:”professore,come ho capito dalle sue risposte telefoniche
,lei ha curato una broncopolmonite con l’omeopatia senza usare
antibiotici?” “certo, figliola mia, è la mia quotidianità”
Uscii da lì e mi iscrissi subito al suo corso che sarebbe
cominciato pochi giorni dopo;intanto stavo sospettando quello che mi è
risultato molto chiaro in seguito :il sapere medico accademico,quello
che ci insegnano all’università non è il depositario dell’unico assoluto
metodo per curare bene un malato, anzi.
E allora tanti anni insieme…
Ci raccomandava di avere una dedizione totale nell’affrontare
i casi come se ogni paziente fosse il primo della nostra attività
professionale senza badare alla sala di attesa…come faceva lui con
l’entusiasmo e la leggerezza della sua energia vitale.
Andavamo pazzi per i suoi colpi da maestro: difficilissime
diagnosi si mostravano puntualmente ineccepibili, rivelazioni su
malattie sofferte dal paziente (senza che questo le avesse riferite)che
ricavava da indicatori che solo un clinico eccezionale avrebbe potuto
cogliere,prognosi a breve,lunga, lunghissima durata sorprendenti quanto
precise.
Nessuno di noi potrà imitarlo o potrà ispirarsi a lui perché il suo
modo di prendersi cura degli altri atteneva al suo essere speciale ;ma i
medici che hanno avuto il privilegio di frequentare i suoi corsi e
quelli che hanno avuto anche l’onore ,come me,di essergli stati vicini
nella attività clinica, se hanno veramente capito il senso del suo
insegnamento,hanno il dovere di essere fedeli al metodo appreso dal
professor Negro e di trasmetterlo così come lo hanno ricevuto alle
generazioni future. E’ anche questo un modo per proteggere e
salvaguardare l’Omeopatia.